
– Concretamente, in questo tempo di pandemia, su quali mezzi di sussistenza vi siete appoggiate? Avete riscontrato delle difficoltà particolari? Ci sono state manifestazioni particolari di solidarietà, in tal senso, da chi vi conosce?
In occasione dello scorso Natale – accade ogni anno, ma quest’ultima volta è stato davvero abbondante! – abbiamo assistito piene di stupore al fatto che ci venivano date in dono tante cose, in particolare generi alimentari, possiamo quindi dire che per diverse settimane, da quando per la pandemia si sono interrotti improvvisamente tutti i contatti con l’esterno e dunque anche le visite di parenti, amici e benefattori, veramente abbiamo avuto la percezione di vivere di tutto ciò che ci era stato donato.
Fin da subito poi ci sono state persone amiche che si sono offerte di andare a fare la spesa per nostro conto e, ultimamente, fratelli e sorelle conosciuti – o anche fino ad allora sconosciuti! – che si sono preoccupati di come potevamo stare e con offerte di denaro e di ogni genere di alimenti ci sono venuti in aiuto, portandoci anche i semi e le piantine che ci hanno permesso di incrementare la produzione del nostro orto.
– Quali sono oggi le vostre necessità come comunità? Sentite, come la maggior parte della società, la difficoltà di “ripartire”? Qualcuno che volesse aiutarvi ora, come può fare?
Anche noi certamente, come tutti, stiamo registrando un cambiamento che la realtà stessa sta determinando: in concreto, pur continuando il servizio di sacrestia per alcune chiese di Lugano e il confezionamento di alcuni paramenti liturgici, non potendo vendere i nostri prodotti artigianali e cessando l’attività di accoglienza in parlatorio e in foresteria che come per la maggior parte dei monasteri è una delle nostre fonti di entrate più rilevanti, ci siamo chieste come poter continuare e soprattutto quale via il Signore ci stesse aprendo, come fraternità, in questa situazione.
Un po’ di tempo fa ci era stata chiesta la disponibilità a fare delle mascherine, – certamente per il momento in piccole quantità, poiché non siamo una comunità numerosa – … questa è stata la scintilla che ci sta muovendo ad interrogarci più concretamente nella ricerca di un lavoro comunitario nuovo che possa sostenerci, facendo qualcosa per “l’utilità comune” e permettendoci anche di continuare a restituire, goccia dopo goccia, il debito che abbiamo relativo alla costruzione della nostra casa. Siamo dunque grate a chi ci potesse aiutare a camminare anche in questo senso…
– Come sorelle chiamate a vivere la povertà come voto, sentite di poter dire qualcosa a chi, invece, la povertà in questo momento – nuclei famigliari, imprese – la vive suo malgrado, a causa di un’economia che stenta a ripartire?
Stiamo condividendo come possiamo le povertà dei nostri fratelli, dei nostri parenti e amici.
Crediamo profondamente che tutto quello che sta accadendo non è “scappato dalle mani del Signore”: Lui è ben presente e ci sta parlando, ci sta indicando una strada, una strada nuova di salvezza, per tutti; ci sta chiedendo uno sguardo nuovo sulla realtà, per accoglierla con occhi nuovi e con un cuore forse più umile, meno presuntuosamente onnipotente…
Nella Sacra Scrittura si parla di “un resto”, di un pugno di lievito, perché tutta la pasta possa lievitare per diventare pane per tutti. Desideriamo insieme a tutti raccogliere questa forte provocazione e sentiamo in questo un invito ad una responsabilità e ad una serietà ancora più grandi nel vivere realmente e concretamente la vita che abbiamo abbracciato.
Papa Francesco sta continuando a parlarci della nostra appartenenza ad un popolo e ci richiama a riconoscerci fratelli e sorelle perché figli di un solo Padre; davvero questa pandemia e questo tempo possiamo solo affrontarli insieme e non più da soli, isolati, da individui, ma come persone chiamate a relazioni di fiducia, di condivisione, di comunione.
– Cosa significa non poter ancora ospitare i fedeli per la Messa? Come vivete questo senso di attesa?
La decisione di attendere ancora ad aprire la chiesa per la Celebrazione Eucaristica, come abbiamo detto, è stata soprattutto legata alla difficoltà concreta a garantire la sicurezza per i nostri fedeli. La nostra piccola cappella in ogni caso è sempre aperta e ogni tanto c’è qualcuno che condivide con noi la preghiera liturgica, oppure che entra per una breve preghiera personale e questo per noi è sempre un dono.
Certo, è una mancanza per noi non vivere l’Eucarestia con i fratelli, come anche il non poter condividere in parlatorio le loro speranze, difficoltà, paure… , abbiamo cercato dei modi nuovi per essere loro vicine e soprattutto abbiamo riscoperto la potenza della preghiera, della comunione, dell’offerta silenziosa a cui siamo chiamate come fraternità monastica. Riconosciamo davvero in tutto questo un tempo di grazia e anche una chiamata nuova da parte del Signore e della Chiesa!
Chiara Myriam e sorelle